Emma Goldman su Palestina e politica socialista

Spain and the World fu una rivista quindicinale pubblicata durante la Guerra civile spagnola, iniziata da Fernando Galasso e Vernon Richards per diffondere informazioni e sostenere le posizioni della CNT-FAI, e contrastare la propaganda filosovietica del New Chroniche e del New Statesman.

Nel luglio del 1938 ospitò un articolo del socialista Reginald Reynolds in cui l’autore si opponeva all’emigrazione ebraica in Palestina, allora sotto mandato britannico, a cui rispose Emma Goldman con l’articolo tradotto sotto.

Ritengo opportuno ripubblicare oggi questo articolo perché è strumentalizzato da un sito sionista statunitense, che tenta di arruolare Emma Goldman nel sostegno allo stato di Israele. Dalla lettura dell’articolo emerge chiaro come Emma Goldman al contrario sia contraria alla nascita di un altro stato. L’autrice affronta la questione della Palestina dal punto di vista del diritto all’emigrazione dei perseguitati, ricordando come molti stati europei stessero attuando politiche antisemite in quel periodo.

Un altro pregio dell’articolo è che Emma Goldman prefigura nel 1938 il progressivo sterminio degli ebrei nella Germania nazista, smascherando la leggenda che fuori dei confini tedeschi non si sapesse niente delle mire di Hitler.

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Al direttore di Spain and the World

Caro compagno, mi interessava l’articolo “Palestina e politica socialista” del nostro buon amico Reginald Reynolds, in “Spain and the World” del 29 luglio. C’è molto in esso con cui sono pienamente d’accordo, ma c’è molto di più che mi sembra contraddittorio per un socialista e un quasi anarchico. Prima di sottolineare queste incongruenze, vorrei dire che l’articolo del nostro amico si presta all’impressione che egli sia un rabbioso antisemita. A dire il vero, mi è stato chiesto da diverse persone come mai “Spain and the World” abbia pubblicato un articolo così antisemita. Conoscendo lo scrittore, mi sentivo abbastanza certa nell’assicurare ai miei amici ebrei che Reginald Reynolds non ha in sé una particella di sentimento antisemita, anche se è ben vero che il suo articolo purtroppo dà una tale impressione.

Non ho nulla da ridire con il nostro buon amico sulle sue accuse contro i sionisti. In realtà, per molti anni mi sono opposta al sionismo come al sogno dell’ebraismo capitalista di tutto il mondo per uno Stato ebraico con tutti i suoi attributi, come il governo, le leggi, la polizia, il militarismo e il resto. In altre parole, una macchina dello Stato ebraico per proteggere i privilegi di pochi contro i molti.

Reginald Reynolds ha torto, tuttavia, quando fa sembrare che i sionisti fossero gli unici sostenitori dell’emigrazione ebraica in Palestina. Forse non sa che le masse ebraiche in ogni paese e specialmente negli Stati Uniti d’America hanno contribuito con ingenti somme di denaro per lo stesso scopo. Hanno dato senza risparmio i loro guadagni nella speranza che la Palestina potesse rivelarsi un asilo per i loro fratelli, crudelmente perseguitati in quasi tutti i paesi europei. Il fatto che ci siano molte comuni non sioniste in Palestina dimostra che i lavoratori ebrei che hanno aiutato gli ebrei perseguitati e cacciati lo hanno fatto non perché sono sionisti, ma per la ragione che ho già detto, con la speranza che potessero essere lasciati in pace in Palestina per mettere radici e vivere la propria vita.

Il compagno Reynolds è risentito per la pretesa degli ebrei che la Palestina sia stata la loro patria duemila anni fa. Insiste sul fatto che questo non ha alcuna importanza rispetto agli arabi che vivono in Palestina da generazioni. Non credo che nessuna delle due pretese sia di grande importanza, a meno che non si creda nel monopolio della terra e nel diritto dei governi di ogni paese di tenere fuori i nuovi arrivati.

Sicuramente Reginald Reynolds sa che il popolo arabo ha più o meno tanto da dire su chi dovrebbe o non dovrebbe venire nel suo paese quanto i meno privilegiati di altri paesi. In realtà, il nostro amico lo ammette quando afferma che i signori feudali arabi avevano venduto la terra agli ebrei all’insaputa del popolo arabo. Naturalmente non si tratta di una novità nel nostro mondo. La classe capitalista possiede, controlla e dispone dappertutto della sua ricchezza a suo piacimento. Le masse, siano esse arabe, inglesi o di qualsiasi altro tipo, hanno ben poco da dire in materia.

Rivendicando il diritto degli arabi di tenere fuori l’immigrazione ebraica dalla Palestina, il nostro buon amico è colpevole della stessa violazione del socialismo del suo compagno John McGovern. A dire il vero, quest’ultimo si fa paladino dell’imperialismo britannico, mentre Reginald Reynolds sponsorizza i diritti capitalisti arabi. Questo è già abbastanza grave per un socialista rivoluzionario. Peggio ancora è l’incoerenza nel perorare la causa del monopolio della terra, al quale solo gli arabi dovrebbero avere diritto.

Forse la mia educazione rivoluzionaria è stata tristemente trascurata, ma mi è stato insegnato che la terra deve appartenere a coloro che la coltivano. Con tutte le sue profonde simpatie per gli arabi, il nostro compagno non può negare che gli ebrei in Palestina abbiano coltivato la terra. Decine di migliaia di loro, giovani e idealisti profondamente devoti, si sono riversati in Palestina, per coltivare la terra nelle condizioni più difficili dei pionieri. Hanno bonificato terre desolate e le hanno trasformate in campi fertili e giardini fioriti. Ora, io non dico che gli ebrei abbiano più diritti degli arabi, ma che un fervente socialista dica che gli ebrei non hanno nulla a che fare con la Palestina mi sembra piuttosto uno strano tipo di socialista.

Inoltre, Reginald Reynolds non solo nega agli ebrei il diritto di asilo in Palestina, ma insiste anche sul fatto che l’Australia, il Madagascar e l’Africa orientale sarebbero giustificati a chiudere i loro porti agli ebrei. Se tutti questi paesi hanno ragione, perché non la avrebbero i nazisti in Germania o in Austria? In effetti, tutti i paesi. Purtroppo, il nostro compagno non suggerisce un solo luogo dove gli ebrei possano trovare pace e sicurezza.

Suppongo che Reginald Reynolds creda nel diritto d’asilo per i rifugiati politici. Sono certo che si risente della perdita di questo grande principio, un tempo orgoglio e gloria dell’Inghilterra, tanto quanto me. Come può allora conciliare i suoi sentimenti nei confronti dei rifugiati politici con la sua negazione dell’asilo agli ebrei? Devo dire che sono perplessa.

Il nostro amico parla molto dell’indipendenza nazionale degli arabi e di tutti gli altri popoli sotto il dominio britannico. Non mi oppongo alla lotta per questo, ma non vedo gli stessi benefici nell’indipendenza nazionale sotto il regime capitalista. Tutti i progressi rivendicati grazie ad essa sono come le rivendicazioni della democrazia, un’illusione e una trappola. Basti ricordare alcuni dei paesi che hanno raggiunto l’indipendenza nazionale. La Polonia, ad esempio, gli Stati baltici o alcuni paesi balcanici. Lungi dall’essere progressisti nel vero senso della parola, sono diventati fascisti. La persecuzione politica non è meno grave che sotto lo zar, mentre l’antisemitismo, un tempo alimentato dall’alto, da allora ha infestato ogni strato della vita sociale in questi paesi.

Tuttavia, dal momento che il nostro amico difende l’indipendenza nazionale, perché non essere coerenti e riconoscere il diritto dei sionisti o degli ebrei in generale all’indipendenza nazionale? Semmai, la loro precarietà, il fatto che non siano benvoluti da nessuna parte, dovrebbe dar loro diritto almeno alla stessa considerazione che il nostro compagno dà con tanta serietà agli arabi.

So benissimo che un gran numero di ebrei non può pretendere di essere un rifugiato politico. Al contrario, la maggior parte di loro è rimasta indifferente alla persecuzione degli operai, dei socialisti, dei comunisti, dei sindacalisti e degli anarchici, finché la loro pelle è stata al sicuro. Come la classe media in Germania e in Austria, hanno sfruttato il lavoro e si sono opposti a qualsiasi tentativo da parte delle masse di migliorare la loro condizione. Alcuni ebrei tedeschi ebbero la temerarietà di dire che non si sarebbero opposti a cacciare gli Ost-Juden (ebrei provenienti dalla Polonia e da altri paesi). Tutto ciò è vero, ma resta il fatto che, dopo l’ascesa al potere di Hitler, tutti gli ebrei, senza eccezione, sono stati sottoposti alle persecuzioni più diaboliche e alle più orribili umiliazioni, oltre ad essere derubati di tutti i loro beni. Sembra quindi alquanto strano che un socialista neghi a queste persone sfortunate la possibilità di mettere radici in nuovi paesi, di iniziare una nuova vita.

L’ultimo paragrafo di “Palestina e politica socialista” raggiunge il climax. L’autore scrive: “Che importa chi fa una richiesta o perché viene fatta, o chi paga il conto se quella richiesta è giusta? Rifiutare una giusta richiesta significa marchiarci come amici della tirannia e dell’oppressione; accettarla e lavorare per essa non è solo un nostro dovere, ma l’unica politica che smaschererà le pretese dei nostri nemici”.

La domanda è, caro Reginald Reynolds, chi deve decidere cosa sia una “giusta richiesta”? A meno che non ci si renda colpevoli dell’accusa che lo scrittore lancia contro gli ebrei, “l’intollerabile arroganza di persone che considerano superiore la propria razza”, non si può ben decidere se la richiesta degli indigeni per il monopolio del loro paese sia più giusta del disperato bisogno di milioni di persone che vengono lentamente sterminate.

In conclusione, vorrei dire che il mio atteggiamento nei confronti dell’intera tragica questione non è dettato dai miei antecedenti ebrei. È motivato dalla mia avversione per l’ingiustizia e dalla disumanità dell’uomo verso l’uomo. È per questo che ho combattuto tutta la mia vita per l’anarchismo, che solo eliminerà gli orrori del regime capitalista e porrà tutte le razze e i popoli, compresi gli ebrei, su una base libera e uguale. Fino ad allora considero altamente incoerente che i socialisti e gli anarchici discriminino in qualsiasi forma gli ebrei.

EMMA GOLDMAN

Londra, agosto 1938.

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